Orario spezzato

Domanda:

Gent.mi, mi trovo a valutare una lavoratrice che si lamenta del lavoro con orario spezzato. La lavoratrice, operaia ausiliaria in una struttura per anziani, affetta da disturbo depressivo, ritiene che la modalità a turno spezzato influisca sul suo benessere psicofisico. La dipendente era già portatrice di questo quadro patologico, prima della collocazione in questa modalità di orario. L'azienda, per motivi organizzativi, ha adottato da un paio di anni questa modalità di orario. Quattro ore al mattino e rientro pomeridiano con altre quattro ore. Chi svolge questo turno, personale ausiliario e cucina, deve fare anche i giorni festivi. La dipendente ha chiesto consulenza ad un medico legale che ha relazionato sulla correlazione tra benessere psicofisico della lavoratrice ed orario di lavoro spezzato, richiamando la necessità di adibirla ad orario normale. Ora, sentendo anche l'azienda, risulta che non sia previsto, secondo la organizzazione del lavoro impostata, che vi sia possibilità di orario normale per le figure sopracitate di cuoca ed ausiliaria. Personalmente ho fatto qualche ricerca ma non ho trovato grandi cose su idoneità al lavoro a turni se non per quello notturno. Vi sono delle linee guida che possano orientarmi sulla valutazione di una turnazione su orario spezzato? Esistono delle controindicazioni assolute o relative a questo tipo di orario? Se l'azienda ha impostato questo tipo di orario, senza prevedere altre modalità, il lavoratore potrebbe perdere il posto perché non ricollocabile qualora esprimessi un giudizio di non esecuzione di orario spezzato? Ringrazio per le vostre risposte

Risposta:

Non c’è una linea guida perché non esiste un rischio da turno spezzato. Anzi il normale orario di lavoro giornaliero è di solito quello più sostenibile. In questo caso si può pensare ad  un rischio da stress organizzativo (pendolarismo?) in soggetto ipersuscettibile per patologia psichiatrica. Più che il medico legale sarebbe bene sentire lo specialista psichiatra che la segue per capire l’entità del problema e condividere alcuni aspetti della gestione.  La questione è  tra le parti in causa e quindi verificare eventualmente se l’azienda ha all’interno della sua organizzazione una certa flessibilità anche temporanea: cioè quanto il DL è disponibile a venire incontro alle difficoltà della dipendente: non è proponibile a nostro avviso un giudizio su un ‘non rischio’.

Ricordiamoci però che oltre al giudizio di idoneità il medico competente può esprimere al datore di lavoro dei pareri di opportunità legati a situazioni particolari non secondari a rischi lavorativi, che non hanno la stessa cogenza del giudizio, ma che possono essere un contributo al DL per una miglior gestione del lavoratore.